IL DOLORE

Introduzione

La IASP (International Association for the Study of Pain) ha definito il dolore come “un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole, associata a danno tissutale effettivo o potenziale, o descritta in termini di danno’. La definizione sottolinea come il dolore sia un’esperienza soggettiva e come debba essere considerato un fenomeno multidimensionale, presentando una componente percettiva-quantitativa in base alla quale si può definire la durata, l’intensità e la localizzazione, una componente emotiva che lo ricollega ad una sensazione spiacevole, una componente comportamentale, reazione dell’individuo sofferente al dolore, una componente cognitiva, che è in grado di modificare la percezione del dolore e i comportamenti indotti tanto da determinare comportamenti diversi a parità di stimolo doloroso. L’esperienza dolorosa, quindi, dipende dalle esperienze trascorse, dalla struttura psichica, da fattori culturali e sociali, dalla dimensione affettiva e cognitiva del soggetto.
La sensazione dolorosa è mediata da un sistema che utilizzando i nocicettori, recettori del dolore situati in periferia, attraverso il corno posteriore del midollo spinale arriva alla corteccia cerebrale. I nocicettori sono attivati da stimoli meccanici, termici e chimici di alta intensità, traducendoli in potenziali d’azione che procedono verso il midollo spinale attraverso due sistemi distinti con diverse modalità di conduzione: -una via molto rapida, attraverso le fibre A delta, parzialmente mielinizzate, a velocità di conduzione medio alta (12-30 m/sec), che conducono il dolore acuto ben localizzato; -una via di conduzione più lenta, attraverso fibre C prive di guaina mielinica, a velocità di conduzione 0,5-3 m/sec, che conducono un dolore più lento, diffuso, meno localizzato. L ’impulso doloroso è quindi condotto dal midollo spinale alla corteccia cerebrale attraverso due vie: -la via neospinotalamica: dal midollo spinale, con poche sinapsi va direttamente al talamo controlaterale e da qui alla corteccia; è la via del dolore acuto, con precise connotazioni spaziali anatomiche; -la via paleospinotalamica: anch’essa giunge alla corteccia, ma attraverso numerose sinapsi intermedie nella sostanza reticolare; lo stimolo doloroso condotto attraverso questa via subisce quindi numerose modulazioni. Questa via proietta l’informazione alle strutture limbiche e ad altre aree corticali, responsabili delle percezione dolorosa meno localizzata, più diffusa e mal definita. Le vie del dolore sono costituite in sintesi da : – un sistema afferente che conduce gli stimoli dai nocicettori periferici ai centri superiori; – un sistema di riconoscimento che decodifica, interpreta l’informazione, valuta la pericolosità e predispone le possibili risposte (motoria, neurovegetativa, endocrina, psico-emotiva); – un sistema di modulazione e controllo che invia impulsi inibitori al midollo spinale per ridurre la potenza degli impulsi nocicettivi afferenti.

Epidemiologia

Secondo i dati pubblicati nel 2006 da un importante studio epidemiologico, condotto in 16 paesi europei e in Israele, si ricava che il dolore affligge circa 1/5 della popolazione adulta in Europa: 75 milioni di persone, circa il 19% della popolazione adulta, sono colpite da un dolore cronico. La maggior prevalenza si ha in Norvegia, Belgio e Italia e la più bassa è in Spagna. In particolare, per ciò che riguarda l’Italia, il 26% soffre di dolore cronico, essendone afflitti più di 12 milioni di pazienti; il 58% delle persone sofferenti sono di genere femminile. Il dolore cronico ha quindi un forte impatto sociale: costituisce una delle motivazioni più frequenti di consultazione medica e si è registrato un incremento, negli ultimi anni, della spesa nazionale per farmaci o prestazioni correlabili alla patologia dolorosa; inoltre è stato stimato che il dolore cronico sia causa di perdita di oltre 3 milioni di ore lavorative. Da non trascurare anche l’incidenza del dolore sulla vita quotidiana: infatti secondo dei dati forniti dall’Istat, lo status sociale del paziente viene influenzato dal dolore; nel 23% dei casi i soggetti dichiarano di aver dovuto modificare la propria posizione sociale, il 14-17% degli intervistati ha perso il proprio lavoro, il 28% ha dovuto ridurre la responsabilità del ruolo svolto, il 20% ha cambiato lavoro. Anche l’aspetto emotivo e psicologico non risulta di certo trascurabile: i dati rivelano che il 18% dei pazienti affetti da dolore cronico dichiarano un senso di abbandono e di perdita del proprio ruolo all’interno del nucleo famigliare; al 22% dei pazienti è stata diagnosticata depressione; il 50% riferisce scoraggiamento e disagio.

Classificazione del dolore

Una possibile classificazione del dolore è quella basata sulla durata.
Il dolore acuto solitamente è intenso, ha una durata limitata nel tempo, compare subito dopo e in seguito ad una lesione dei tessuti, che stimola i nocicettori e generalmente regredisce fino alla scomparsa quando la lesione guarisce.
Il dolore cronico è un dolore che per convenzione ha una durata generalmente superiore ai tre mesi, si presenta come continuo o ricorrente e persistente. Il dolore cronico può persistere per lunghi periodi o ripresentarsi per il costante stimolo doloroso o l’aggravamento ripetuto di una lesione; può però anche insorgere e persistere in assenza di una patologia grave. Il dolore cronico può non avere più connessioni con la causa iniziale, tanto che il dolore stesso diventa “malattia”; può condizionare negativamente la vita di un soggetto, nelle attività svolte come pure nelle relazioni sociali e può provocare irritabilità, ansia, angoscia e depressione.
Il dolore episodico o ricorrente è un dolore che ha la caratteristica di verificarsi in modo intermittente, con periodi di assenza di sintomatologia algica tra gli episodi dolorosi, i quali possono variare per frequenza, intensità e qualità.
Il dolore episodico intenso (“breakthrough pain”) è caratterizzato da un improvviso, temporaneo e significativo incremento del dolore al di sopra di un dolore preesistente; è una caratteristica del dolore oncologico, pur potendosi verificare anche in altre condizioni.
Il dolore incidente o il dolore dovuto a movimento ha un una precisa causa identificabile; può essere causato dai movimenti, come camminare, tossire o può essere conseguente a procedure diagnostiche o terapeutiche.
 
Il dolore da fine dose si ha quando il livello ematico del farmaco analgesico scende e risulta inferiore al livello analgesico minimo per essere efficace.
Un’altra classificazione del dolore, più utile clinicamente per un diverso approccio terapeutico, è quella che suddivide il dolore in base al meccanismo fisiopatogenetico: in questo caso vi sono due principali tipi di dolore: nocicettivo e neuropatico; la distinzione clinica tra i due è utile per il diverso approccio terapeutico.
Il dolore nocicettivo si sviluppa a livello periferico in seguito alla stimolazione dei recettori periferici del dolore (nocicettori) i quali, attraverso le fibre nervose del sistema somato-sensoriale, inviano lo stimolo al midollo spinale, raggiungendo il talamo e quindi la corteccia cerebrale. I nocicettori possono essere stimolati dalla temperatura (caldo-freddo), dalla vibrazione, dallo stimolo tensivo o da mediatori del processo flogistico, rilasciati dai tessuti in seguito a ipossia (privazione di O2), infiammazione o distruzione dei tessuti. Il dolore nocicettivo, in base alla localizzazione dei nocicettori stimolati, può essere suddiviso in dolore somatico e dolore viscerale.
Il dolore somatico è causato dalla stimolazione di nocicettori situati nei tessuti superficiali, come la cute e le mucose, oppure profondi, come le ossa, le articolazioni e i muscoli. Per esempio una abrasione causa un dolore somatico superficiale, mentre un crampo muscolare, dovuto a deficit di ossigenazione, è causa di dolore somatico profondo.
Il dolore viscerale è causato dalla stimolazione dei nocicettori situati negli organi interni. Può manifestarsi in seguito a distensione dei visceri, tensione o compressione, infezione.
Il dolore neuropatico si sviluppa in seguito a lesioni o disfunzioni delle cellule nervose nel sistema nervoso periferico o centrale. Condizioni dismetaboliche, tossiche, traumi, infezioni ed ischemia possono provocare danni alle strutture nervose e quindi possono portare a un dolore neuropatico, che può essere anche causato da fenomeni compressivi sui nervi o da trasmissione anomala dei segnali dolorosi dal cervello o dalla colonna vertebrale. Questo tipo di dolore è caratterizzato da fenomeni negativi, quali assenza di sensibilità termica o tattile, e fenomeni positivi, come allodinia ed iperalgesia.
Il dolore neuropatico può essere distinto in periferico, quando la lesione o la patologia colpisce il sistema nervoso periferico (per es. il ganglio della radice dorsale o la radice dorsale) oppure centrale, quando la lesione o la patologia è a carico del sistema nervoso centrale. Cause di dolore neuropatico periferico sono ad esempio la compressione del nervo, la neuropatia diabetica, nevralgia trigeminale, nevralgia post-erpetica, infiltrazione tumorale del nervo, danni nervosi causati da terapia oncologica (radiazione, chemioterapia), la sindrome dell’arto fantasma. Il dolore neuropatico centrale può essere causato per esempio da ischemia cerebrale, sclerosi multipla, stroke. I comuni farmaci analgesici non hanno molta efficacia nella cura del dolore neuropatico.
Il dolore neuropatico è caratterizzato da un dolore di difficile localizzazione, di tipo urente, lancinante, parossistico; inoltre può essere associato a diversi tipi di disfunzione sensoriale, come:D
Allodinia: dolore provocato da uno stimolo che normalmente non provoca dolore (ad es: sfiorare delicatamente provoca una reazione dolorosa intensa).
Iperalgesia: risposta dolorosa amplificata rispetto ad uno stimolo tattile o termico doloroso; l’iperalgesia al freddo è più frequente rispetto a quella al caldo.
Ipoalgesia: risposta dolorosa ridotta rispetto ad uno stimolo tattile o termico doloroso.
Parestesia: è un disturbo della sensibilità, caratterizzato dalla sensazione sgradevole, anche se non dolorosa, di formicolio continuo, pizzicore o torpore.
Iperestesia: aumento della sensibilità ad uno stimolo tattile o termico.
Ipoestesia: riduzione della sensibilità ad uno stimolo tattile o termico.
Anestesia: assenza completa di sensibilità.
Dolore misto. In alcune condizioni patologiche, come ad esempio nel caso di tumori, di alcuni traumi, di ustioni, i pazienti possono presentare un dolore misto, cioè il dolore neuropatico può associarsi al dolore nocicettivo, somatico e viscerale.
Dolore psicogenico viene definito in alcune situazioni dolorose, quando i meccanismi alla base della sintomatologia dolorosa non sono chiariti o non è possibile dimostrare la presenza di una causa organica; in realtà, pur sapendo che i fattori psicologici influenzano significativamente la percezione del dolore, il dolore puramente psicogenico è molto raro e pertanto, anche se la causa non è stata individuata, tutti i pazienti che lamentano dolore devono essere trattati con tecniche farmacologiche e non farmacologiche.

Diagnosi

Per una corretta ed adeguata valutazione del dolore il medico effettuerà un’attenta raccolta anamnestica. Un aspetto fondamentale nella valutazione del dolore è la determinazione della sua intensità, che può essere misurata con l’ausilio di scale di valutazione, approvate dalla comunità scientifica, che possono essere unidimensionali, cioè riferite al solo parametro quantitativo (intensità del dolore) o multidimensionali, che considerano l’insieme emotivo-affettivo-pscicologico del paziente.
Le scale di valutazione unidimensionali del dolore vengono utilizzate prevalentemente per la valutazione del dolore acuto o per le riacutizzazioni del dolore cronico:
Scala analogica visiva (VAS, Visual Analog Scale for Pain); è costituita da una linea retta di 10 cm ai cui estremi si trovano le diciture “nessun dolore“ e “dolore massimo possibile“; il paziente indica il punto (espresso in millimetri) che identifica il grado di dolore da lui percepito.
Scala numerica (NRS, Numeric Rating Scale for Pain); questa scala risulta molto utilizzata in quanto è facilmente intuibile; è una scala che va da 0 a 10: gli estremi descrivono l’assenza di dolore e massimo dolore; in generale un punteggio compreso fra 0 e 4 corrisponde ad un dolore lieve, un punteggio fra 5 e 6 un dolore di intensità moderata e fra 7 e 10 un dolore molto forte.
-Scala verbale (VRS, Verbal Rating Scale) utilizza degli aggettivi per quantificare il dolore: dolore lieve, moderato, intenso. Il passaggio da un grado all’altro non corrisponde ad incrementi di intensità uguali: è quindi una scala poco utilizzata, poichè rischia di essere eccessivamente approssimativa nella valutazione dei diversi gradi di intensità del dolore.
Le scale di valutazione multidimensionali del dolore comprendono:
-McGill Pain Questionnaire nella sua forma estesa (MPQ) o ridotta (SF-MPQ); uno strumento abbastanza complicato, basato su una scala a tre dimensioni: sensoriale, affettiva e valutativa. Comprende 78 descrittori del dolore; ciascuna delle tre dimensioni presenta delle sottoclassi, che specificano il singolo livello d’intensità attraverso degli aggettivi (da 2 a 6). Il paziente, oltre a scegliere un aggettivo per ogni sottoclasse deve indicare, attraverso una scala verbale, l’intensità del dolore; in questo modo è possibile ottenere 4 punteggi che esprimono: l’intensità del dolore attuale, il numero dei descrittori scelti, l’ordine della scelta e la somma dei punteggi assegnati ai descrittori scelti.
Il McGill Pain Questionnaire è presente anche in una versione ridotta (SF-MPQ) comprendente 15 descrittori, ognuno dei quali è associato ad una scala di intensità numerico-verbale a 4 punti.
-Brief Pain Inventory (BPI); è uno strumento di valutazione del dolore facile da usare e di veloce compilazione, in grado di quantificare sia l’intensità del dolore, sia la disabilità che causa al paziente. Consiste in una serie di descrittori (domande) inerenti all’’intensità del dolore e la conseguente limitazione funzionale. Le domande sono relative alle precedenti 24 ore, e il punteggio è espresso attraverso l’uso di scale numeriche che vanno da 0 a 10. Punteggi fino a 4 identificano un dolore che non interferisce con l’attività quotidiana; punteggi più alti sono relativi ad un dolore che limita le attività quotidiane.
Un’altro utile mezzo utilizzato dal medico per indirizzare la diagnosi è l’analisi del diario giornaliero (o tecnica dei resoconti soggettivi), stilato dal paziente, sul quale verrà annotato nelle 24 ore come si manifesta il dolore, la sua localizzazione, la frequenza, l’intensità e i disturbi connessi, nonchè l’effetto della terapia antalgica. Il diario, quindi, risulterà molto utile al medico anche per fornire indicazioni terapeutiche. Per quanto concerne la misurazione dell’intensità del dolore in età pediatrica, per pazienti fino a 4 anni di età la valutazione viene effettuata attraverso l’osservazione del bambino e del suo comportamento (es. COMFORT Scale); per pazienti oltre i 4 anni di età, vista la sufficiente capacità autovalutativa del dolore, si può utilizzare la scala delle faccine PRS (Happy Face Pain Rating Scale) che permette al bambino di indicare la “faccina” che più rappresenta la sua valutazione del dolore.

Terapia

Secondo le indicazioni fornite dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) la terapia del dolore deve essere modulata in base all’intensità dello stesso (misurato attraverso la scala numerica). Il medico prescriverà quindi la terapia farmacologica in base alla storia clinica del paziente, all’intensità del dolore e agli eventuali effetti collaterali del farmaco per il paziente.
I farmaci utilizzati nella terapia del dolore sono:
– FANS; farmaci anti-infiammatori non steroidei, efficaci nel dolore acuto o cronico di natura infiammatoria, hanno scarsa potenza antalgica e hanno un’azione esclusivamente periferica; non sono efficaci nel dolore neuropatico e nel dolore misto.
 
– Oppioidi/Oppiacei; sono farmaci analgesici che agiscono a livello centrale; vengono schematicamente suddivisi in due tipologie: deboli e forti.
Il trattamento del dolore neuropatico può prevedere inoltre, la prescrizione di
– antidepressivi
– antiepilettici
– anestetici locali
Nel caso in cui la terapia farmacologica si riveli inefficace nel controllare il dolore, o quando gli effetti collaterali dei farmaci sono importanti, il medico potrà intervenire con terapie invasive di tipo neuromodulativo o neurolesive.