Invecchiare in salute è un obiettivo che abbiamo tutti. Ed è anche un diritto universale. Per questo motivo l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha inaugurato la decade dell’invecchiamento in salute, in inglese Healthy Ageing, al “grido” di Good health adds life to years. Un motto molto chiaro: la buona salute aggiunge vita agli anni.
È infatti fondamentale invecchiare in salute, non solo per l’individuo stesso, ma anche per la società in cui vive.
Gli italiani, ad esempio, sono i più longevi in Europa. Ma se negli altri stati europei a 65 anni l’aspettativa di vita in salute è di 9,4 anni, da noi è di 7,8 anni per gli uomini e 7,4 per le donne: quindi in Italia si vive più a lungo, ma con uno stato di salute più debole rispetto agli altri concittadini europei. Ma il problema non è solo questo. Purtroppo, nel mondo ci sono ancora molte situazioni che mostrano disparità nel modo di invecchiare e nell’aspettativa di vita: un ragazzo di 25 anni oggi, con un buon livello di istruzione, può vivere mediamente 7 anni in più rispetto a un suo coetaneo che ha un livello di istruzione inferiore. E queste disparità sono ancora più forti nelle economie emergenti.
In questi dieci anni appena iniziati (e non nel migliore dei modi per i nostri anziani, i più colpiti dal Covid-19) i governi, la ricerca, il mondo delle associazioni, quello della comunicazione e tutta la società civile saranno coinvolti per attuare azioni concrete per migliorare la vita degli anziani. Gli obiettivi sono molteplici: combattere i pregiudizi e lo stigma sull’invecchiamento, creare città sostenibili per gli anziani, assicurare loro cure adeguate e realizzare un sistema sanitario che abbia al centro l’individuo, non il paziente.
Il primo ottobre dovrebbe essere lanciata l’iniziativa a livello globale.
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