Dormire meno di 6 ore a notte aumenta il rischio di malattie cardiovascolari. È questa la conclusione a cui sono giunti i ricercatori del Pennsylvania State University College of Medicine di Hershey.
Dormire poco fa male. Per gli scienziati del Pennsylvania State University College of Medicine, chi dorme più di 6 ore a notte corre meno rischi di sviluppare malattie cardiache, rispetto a chi presenta gli stessi fattori di rischio ma dorme meno di 6 ore per notte.
La ricerca
La ricerca è stata condotta su 1.344 individui di entrambi i sessi con un’età media di 48,8 anni. L’indagine prevedeva una serie di controlli e uno studio individuale del sonno mediante Polisonnografia (test usato per diagnosticare i disturbi del sonno), da effettuare presso il Centro di Medicina del Sonno della Penn State University. Tutti i pazienti sono stati inoltre sottoposti ad una serie di esami, dai quali è emerso che il 39,2% presentava una condizione di sindrome metabolica: ovvero 3 o più fattori di rischio per diabete e malattie cardiovascolari (indice di massa corporea superiore a 30, elevata glicemia, colesterolo totale elevato, trigliceridi ipertensione arteriosa). Durante il periodo di follow-up medio della ricerca, durato circa 16,6 anni, il 22% dei volontari è deceduto.
I risultati
L’analisi di tutte le informazioni raccolte ha evidenziato che le persone con sindrome metabolica, rispetto a quelle senza, presentavano un rischio di morte per patologie cardiovascolari, cardiache e ictus più alto di 1,49 volte se riuscivano a dormire almeno 6 ore per notte. Il rischio, però, è risultato più alto (2,1 volte) se il periodo di sonno non raggiungeva le 6 ore. Questo secondo gruppo, inoltre, è risultato avere un rischio quasi doppio (1,99 volte) di morte per tutte le cause, rispetto alle persone senza sindrome metabolica e con un riposo adeguato.
Il rischio di mortalità associato a sindrome metabolica è aumentato in tutti gli individui che dormivano poco. Futuri studi clinici dovrebbero esaminare se l’allungamento del sonno può migliorare la prognosi delle persone con sindrome metabolica.
Fonte:
http://jaha.ahajournals.org/content/6/5/e005479