A quanti anni è giusto regalare il primo smartphone? Quali conseguenze ha sulla salute un’esposizione precoce alla tecnologia? Perché mio figlio non riesce a staccarsi dal suo cellulare? Sono domande che qualunque genitore si è posto almeno una volta nella vita, in un mondo in cui sono online circa 1,2 milioni di bambini tra i tre e gli otto anni, e in cui quelli che non sanno ancora leggere e scrivere sono spesso già in grado di riconoscere i simboli che permettono l’accesso alle offerte del web (come ricorda Manfred Spitzer nel suo “Solitudine digitale”). Negli Stati Uniti il 92,2% dei bambini comincia a usare un device digitale prima del compimento del primo anno e, prima dei due anni, l’uso diventa quotidiano nella maggior parte dei casi. In Italia possiede uno smartphone il 12% dei minori tra i quattro e i dieci anni e l’86,4% degli 11-17enni; ed è consuetudine per i genitori usare i device mobili per tenere calmi i figli già dal primo anno di vita (30%) o dal secondo (70%). Se opporsi a questa tendenza può sembrare lo scontro tra Davide e Golia riproposto in chiave contemporanea, è anche vero che possiamo affrontare questa sfida con un po’ di consapevolezza. Che fare, quindi?
Smartphone e tablet generano dipendenza… e non solo
La prima cosa da sapere è che se i nostri figli non riescono a staccarsi dallo schermo del cellulare una ragione c’è: questi dispositivi possono generare dipendenza. Come accade per l’assunzione di droghe, smartphone e tablet influiscono sul funzionamento del sistema dopaminergico, quello che regola il meccanismo della gratificazione tramite ricompensa. Ovvero, di fronte agli stimoli positivi che vengono dai dispositivi digitali, il cervello del bambino rilascia dopamina, l’ormone che genera sensazioni gratificanti. L’utilizzatore, quindi, cercherà di mantenere questa sensazione di piacere a lungo e di ricrearla in futuro, generando un circolo vizioso: maggiore sarà l’uso dei device, maggiore sarà il desiderio di provare la gratificazione da loro creata. A livello cognitivo-comportamentale, diverse ricerche hanno confermato che l’uso non controllato di dispositivi tecnologici può essere associato anche a scarsa attenzione, inefficienza nello svolgimento di compiti e scarso rendimento scolastico.
Conseguenze a livello fisico
Ma le conseguenze di un uso precoce di smartphone e tablet possono essere anche fisiche. L’esposizione per più di due ore al giorno a device mobili (soprattutto nella prima infanzia), ma anche a tv e videogiochi, può favorire l’insorgere di sovrappeso, sedentarietà, cattive abitudini alimentari, fino ad arrivare all’obesità. Tali dispositivi, soprattutto se usati prima di andare a dormire, possono interferire con il sonno e con i ritmi circadiani, sia per via della stimolazione data dai contenuti fruiti, sia per l’esposizione alla luce blu. L’abitudine a fissare gli schermi da vicino può causare fatica e secchezza oculare, nonché irritazioni e sfarfallii. L’uso di auricolari, soprattutto se ad alto volume, possono influenzare lo sviluppo del linguaggio e creare difficoltà di socializzazione, comunicazione e interazione con i coetanei. Infine, nei bambini di otto anni è stata dimostrata la correlazione tra l’uso di smartphone e tablet e disturbi come mal di testa, dolore alle spalle, mal di schiena e difetti posturali.
Ad ogni età il giusto approccio…
Consapevoli dei rischi, quindi, come introdurre i nostri figli alla tecnologia? C’è chi ha proposto soluzioni nette: in “Vietato ai minori di 14 anni” (ed. DeAgostini), Alberto Pellai e Barbara Tamborini, rispettivamente psicoterapeuta dell’età evolutiva e ricercatore al Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università degli Studi di Milano, e psicopedagogista e scrittrice, nonché marito e moglie e genitori di quattro figli tra i 12 e i 21 anni, suggeriscono di evitare l’uso del cellulare prima dell’esame di terza media. Tra le ragioni, il fatto che solo a partire da quell’età l’uso della tecnologia non interferisce con lo sviluppo della mente in età evolutiva: prima di allora la scarsa stimolazione della corteccia prefrontale – tipica delle attività su smartphone e tablet – non permette di sviluppare “le funzioni complesse a essa collegate come la pianificazione, l’individuazione delle priorità, l’organizzazione del pensiero, la soppressione degli impulsi e la valutazione delle conseguenze delle proprie azioni”. Se volete optare per soluzioni meno drastiche, potete seguire le linee guida dell’American Academy of Pediatrics. Secondo l’ente, fino ai due anni l’uso degli smartphone dovrebbe essere molto limitato e avvenire solo in compagnia di un adulto che spiega cosa accade sullo schermo; un esempio di uso “sano” è quello delle video-chat con parenti e amici lontani che interagiscono con il bambino da remoto. Tra i due e i cinque anni il cellulare non dovrebbe essere usato per più di un’ora al giorno, scegliendo sempre app non violente, usandole insieme, e assecondando comunque l’interesse verso altre attività salutari, come sport, giochi all’aperto, musica e lettura di libri insieme a mamma e papà. È vero che gli app store pullulano di proposte “educative” per ragazzi fino all’età scolare, ma non è ancora provato che queste siano davvero efficaci e, soprattutto, è attraverso le attività relazionali con famigliari e amici che i bambini imparano meglio come gestire emozioni, controllare gli impulsi e sviluppare pensiero creativo e capacità di problem solving. In età scolare, poi, è utile continuare a stabilire un tempo massimo di utilizzo giornaliero e delle regole condivise nell’utilizzo della tecnologia, cominciando anche a spiegare quali sono i rischi del web.
… ma sempre insieme ai genitori
Su una cosa sono d’accordo tutti gli esperti: è indispensabile che i genitori accompagnino i bambini nell’uso dei dispositivi tecnologici. “La libertà è una conquista progressiva costruita attraverso un percorso di tante tappe, anche nell’uso delle tecnologie”, scrivono Pellai e Tamborini, convinti che educare non significhi solo vietare, ma costruire invece un vero e proprio progetto educativo. Ben venga, quindi, condividere l’uso del cellulare con un adulto che stimoli anche il pensiero critico del giovane fruitore. Utile anche stabilire delle regole iniziali da rispettare insieme, impostare il parental control e pianificare delle attività di famiglia “offline”. Anche per i più piccoli la presenza degli adulti è fondamentale: ad esempio, nel vedere insieme un video, il contatto visivo, la stimolazione dell’attenzione e le interazioni sia verbali che non verbali aiutano l’apprendimento e aiutano a sviluppare le abilità relazionali. Ma agli adulti spetta anche il compito di dare l’esempio in prima persona: evitando, per cominciare, di usare tablet e cellulare come unico mezzo per calmare i figli; spegnendo device mobili e tv in camera da letto e quando si gioca con i bambini, per evitare di disturbare l’interazione; ma soprattutto, informandosi e stando al passo con le veloci evoluzioni tecnologiche, perché solo conoscendo Golia possiamo davvero farcelo amico.
Bibliografia
- Alberto Pellai e Barbara Tamborini, Vietato ai minori di 14 anni, ed. DeAgostini, Milano 2021
- Bozzola, G. Spina, M. Ruggiero, L. Memo, R. Agostiniani, M. Bozzola, G. Corsello e A. Villani, Media devices in pre-school children: the recommendations of the Italian Pediatric Society (link)
- American Academy of Pediatrics, Healty digital media use habits for babies, toddlers & preschoolers (link)
- Quando e come è indicato dare il cellulare ai bambini: 7 regole, articolo del 12/9/2019 su AGI (link)
- Lo smartphone fa davvero male ai bambini?, articolo del 26/8/2019 su amicopediatra.it (link)
- Manfred Spitzer, solitudine digitale. Disadattati, isolati, capaci solo di una vita virtuale?, Corbaccio, Milano 2016